La meditazione di questo mese ha come tema la LIBERTA’.
Se leggiamo su un dizionario la definizione di Libertà possiamo trovare vari significati:
1. Stato di chi è libero; condizione di chi ha la possibilità di agire senza essere soggetto all’autorità o al dominio altrui.
2. Diritto di operare le proprie scelte e di agire secondo le proprie convinzioni senza ledere gli altrui diritti e rispettando le regole di un sistema organizzato:
3.Libertà religiosa, di coscienza, diritto di ogni individuo di professare le proprie opinioni in materia di fede o di morale;
4. Libertà di stampa, diritto di pubblicare notizie e opinioni senza censura preventiva.
Il significato principale e più importante in una società civile e democratica è probabilmente agire secondo le proprie convinzioni senza ledere la libertà altrui. Cicerone affermava che” siamo tutti soggetti ad una legge per essere liberi”.
E’ evidente la necessità di regole precise per permettere a tutti di essere liberi all’interno di un gruppo e questa capacità di un governo di definire leggi che garantiscono questa libertà porta al grande tema della democrazia, concetto scontato per alcuni, conquista ancora da raggiungere per molti.
Ristretta in questo ambito però il concetto di libertà nel senso più assoluto del termine non esiste e la libertà pura in ambito sociale diventa quindi solo un’illusione.
“L’uomo è nato libero, ma dovunque è in catene.” afferma Jean Jaques Rousseau e il poeta Rabindranath Tagore (1861-1941) scrive: La libertà che significa unicamente indipendenza è priva di qualsiasi significato. La perfetta libertà consiste nell’armonia che noi realizziamo non per mezzo di quanto conosciamo, ma di ciò che siamo.
La perfetta libertà di cui tratta il poeta è la Libertà interiore, quella libertà che ci permette di vivere nelle leggi democratiche di una società senza sentirci limitati nella libertà della nostra anima.
In realtà questi limiti ci sono, sono tante catene che molte volte non ci permettono di realizzare pienamente ciò per cui siamo nati, ma siamo noi stessi incapaci di lasciarle cadere: sono le convenzioni, i condizionamenti, le paure che ci legano a dinamiche, a parole e azioni che non ci appartengono ma che ci illudono di essere al sicuro, magari infelici e insoddisfatti, ma al sicuro. Edwar Bach il grande medico inglese vissuto tra la fine del 1800 e inizi del 1900 ha individuato nelle cause principali della malattia proprio questa incapacità di essere liberi, di seguire i dettami del Se superiore. Egli scrisse che “nel corpo fisico la malattia è il risultato della resistenza della personalità alla guida dell’anima, è quando dimentichiamo la divinità dentro di noi e permettiamo che gli altri con i loro suggerimenti, pensieri o ordini ci influenzino” (da Libera te stesso).
Questo fondamentale concetto di libertà è ben espresso, pur nella sua semplicità narrativa, nel libro “Il Gabbiano Jonathan Livingston” dove l’autore, Richard Bach, ci racconta di libertà di pensiero, della voglia di lottare, di ottenere ciò in cui si crede. Nella storia del gabbiano Jonathan che scopre la bellezza di librarsi nel cielo, a differenza dei suoi compagni, ai quali interessa solo poter volare per procurarsi il cibo, si nasconde il significato profondo della vita: la ricerca della libertà. Quella libertà alla quale tante persone ambiscono, quella libertà per la quale tanti individui sono costretti a lottare, ma soprattutto quella libertà che ti rende unico.
Il piccolo e anticonformista Gabbiano Jonathan riesce ad intravedere una nuova via da poter seguire, la sua via, una via che lo allontana dalla banalità e dal vuoto del suo precedente stile di vita, comprendendo che oltre che del cibo un gabbiano vive “della luce e del calore del sole, vive del soffio del vento, delle onde spumeggianti del mare e della freschezza dell’aria…“. I suoi compagni non lo capiranno, accecati da quei valori materiali nei quali intravedono l’unica ragione di vita, e soprattutto fermati dal timore di cambiare, arrivando persino a cacciarlo dallo stormo, vedendolo come una sorta di minaccia. Jonathan non è un ribelle: è solo un giovane gabbiano che compie ciò che “sente” di dover fare, seguendo il suo istinto, la sua mente, il suo cuore, anche se spesso questo comporta dover fare scelte sofferte, che comunque dimostrano il coraggio delle proprie azioni.
Lo stesso Bach, autore del libro, dedica la sua opera al “vero gabbiano Jonathan, che vive nel profondo di tutti noi”. Dovremmo tutti avere il coraggio di certe azioni, senza il timore di non riuscire nel nostro intento o di rimanerne delusi. Dovremmo imparare a fidarci di ciò che la nostra anima ci chiede per vivere la vita che ci siamo scelti nella pienezza di ciò che siamo. Solo così saremo capaci di far volare lontano quel gabbiano che è celato nel nostro cuore..